martedì 31 ottobre 2017

ARTICOLO DI GIORNALE

«Con la fibra delle arance per rivoluzionare il tessile»

Tshirt al succo e buccia d’arancia che a contatto con la pelle rilasciano vitamina C per idratare la pelle. L’idea ecosostenibile è di due giovani trentenni catanesi, Adriana Santanocito ed Enrica Arena che con la start up Orange Fiber hanno inventato e brevettato una fibra tessile che deriva dagli scarti di agrumi. Si sono conosciute a Milano dove dividevano un appartamento ed ora sono tornate in Sicilia a chiudere accordi con le tante piccole aziende locali che mandano al macero gli scarti delle arance, circa 300 mila tonnellate annue, il 25 per cento della produzione italiana. «Adriana studiava moda all’Afol di Milano — racconta Enrica. La sua tesi sui tessuti naturali è diventata un progetto al Politecnico. Qui ha potuto sperimentare l’idea in laboratorio, appurando che si può estrarre cellulosa dalla buccia e dalla polpa. Lei ora vive a Milano mentre io, dopo la laurea in Relazioni internazionali, sono tornata a Catania e mi occupo della partecipazione a bandi e concorsi». La start up è tra i 10 progetti su 600 selezionati per Changemakers for Expo Milano 2015, il programma di accelerazione di Telecom Italia. «Saremo presenti nei padiglioni No Food e vorremmo trovare un partner produttivo per essere in passerella nelle collezioni 2016-2018. A Catania, invece, grazie all’acceleratore Working Capital, stiamo stringendo rapporti con aziende siciliane interessate nella creazione di un vero e proprio impianto che possa trattare le nanotecnologie e le microcapsule in grado di fissare gli oli essenziali alla stoffa». 
Li chiamano cosmetotessili ed sono la nuova frontiera che trasforma e ricicla i materiali organici. «In giro ci sono tante sperimentazioni: pensiamo ai jeans all’aloe, all’intimo snellente di Yamamay, i dolcevita idratanti all’olio d’oliva, o le t-shirt antisudore ». Nuove formule con cui dovremo imparare a convivere, vista anche la carenza di petrolio da cui derivano le fibre sintetiche. «In Sicilia — continua la giovane imprenditrice — un mese fa ha chiuso il distretto tessile di Bronte, vicino Messina. Quello che osserviamo è che anche nel nostro territorio, nonostante le difficoltà, c’è fermento e voglia di fare. Tra i ragazzi, le idee non mancano». Certo il passaggio formativo milanese ha contribuito. Per ora la società non è ancora costituita, come si dice in gergo, è in fase di seed financing. «Per i venture capital è un progetto ancora troppo rischioso ». Ma, visto che l’Italia è anche il secondo produttore europeo di agrumi dopo la Spagna, c’è da esser certi che gli investimenti arriveranno. «Vorremmo recuperare anche la frutta che rimane sugli alberi a marcire, che al Sud non è poca». Vanno bene limoni, pompelmi, mandarini, mapo con le loro infinite fragranze profumate. Tutte Made in Sicily. E visto che dopo 40 lavaggi il rilascio degli antiossidanti e le proprietà nutritive delle vitamine svanisce dai tessuti, si può sempre pensare ad altro.
 (modifica il 27 settembre 2013)

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