Un futurista per promuovere l'autarchia
FILIPPO TOMMASO MARINETTI
Il Poema di Torre Viscosa
Negli anni Trenta del secolo scorso
l’Italia vide nascere numerose nuove città, fondate per ospitare i coloni che
andavano a lavorare i terreni bonificati in quegli stessi anni. Sono dette
“città di fondazione” e sono considerate oggi gioielli urbanistici del
Novecento italiano e in alcuni casi capolavori dell’architettura razionalista.
Anche nella bassa friulana c’è una di queste città, che ha inoltre una
particolarità fondamentale: quella di coniugare in sé la sintesi del modello
economico fascista dell’autarchia. A differenza delle altre città,
fondamentalmente agricole, questa sorse attorno e per iniziativa di una grande
industria, la Snia, che all’epoca lavorava fibre artificiali per produrre un
tessuto chiamato viscosa. Il termine viscosa divenne parte del nome
dell’industria, Snia Viscosa, e del nome della nuova città, che da Torre di
Zuino diventò Torviscosa. Per le proprie produzioni, la Snia aveva necessità di
terreni per le piante da cui ricavare la materia prima, di stabilimenti
industriali in cui lavorarla e di stalle per produrre il concime agricolo. Nel
suo insieme, il ciclo produttivo realizzava quindi quel modello di
autosufficienza economica teorizzato dall’ideologia fascista e Torviscosa ne fu
la concretizzazione urbanistica.
In previsione dell’inaugurazione della nuova città, nel 1938 la Snia Viscosa si rivolse a Filippo Tommaso Marinetti, il padre del futurismo, il poeta affascinato dalle novità tecnologiche e industriali, autore del manifesto letterario “La poesia dei tecnicismi”. Chi meglio di lui, infatti, poteva celebrare in poesia la fondazione di una nuova città industriale? Marinetti visitò la città che si stava costruendo e la campagna circostante e scrisse il “Poema di Torre Viscosa”, un inno al trionfo della tecnologia sulla natura, della macchina sulla pianta, della “dea Geometria” (la nuova città) sui canneti della laguna.
In previsione dell’inaugurazione della nuova città, nel 1938 la Snia Viscosa si rivolse a Filippo Tommaso Marinetti, il padre del futurismo, il poeta affascinato dalle novità tecnologiche e industriali, autore del manifesto letterario “La poesia dei tecnicismi”. Chi meglio di lui, infatti, poteva celebrare in poesia la fondazione di una nuova città industriale? Marinetti visitò la città che si stava costruendo e la campagna circostante e scrisse il “Poema di Torre Viscosa”, un inno al trionfo della tecnologia sulla natura, della macchina sulla pianta, della “dea Geometria” (la nuova città) sui canneti della laguna.
IL POEMA DI TORRE VISCOSA
Parole in Libertà
Futuriste
"...Tutto è deciso
nulla salvò nè avrebbe mai salvato gli eroici canneti devoti al languore.
A tutta forza
frustati da taglientissimi raggi solari bruciavano cuocevano.
Poi
semicarbonizzati o stracotti ma vivi vengono ammanettati come studentesse
rivoluzionarie.
Sono femmine
s'aggrappano si stringono a fasci compatti ma violenti contadini dispettosi o
rurali rinnegati ormai nemici d'ogni vegetalità e d' ogni foglia al vento le
hanno afferrate le afferrano e sulle spalle ondulanti grovigli indomabili gambe
stizzose portarle sulla schiena a 100 200.
Eccole infornate
costrette sul sistematico andare senza fine andare del trasportatore a nastro
di gomma funereo.
Ingoiamento e
digrignare delle tagliere tronfio masticare metallico.
Fiato fiato fiato
e tutto s'innalza in un immenso fiato nelle bocche prone degli alti silos.
Poi giù
trituratissima miscela stridulante d'agonie giù nei bollitori rossi ostentati
ventri d'acciaio nella trasparente cattedralica torre.
Colori odori
rumori di insolenza guerriera.
Ma ironicamente la
dea Geometria per sollazzare i vinti canneti diluire purificare addensare
sbiancare a galla nell'acqua nell'ipoclorito.
Nell'alta notte
imperiale la parola DUX splendere adamantina fra i proiettori che spaventano di
bianco il tendaggio di pioppi sull'Aussa antico confine.
Alcune gocce di luce
operai gesticolanti nel lucente taglio vetrato della scure nella torre in forma
di fascio.
I canneti non sono
più dei sostegni per le viti bollire o scorrere da vasca a vasca ceramica
metamorfosati.
Refrattarie a
tutta prova per tutti i carboni nazionali lavorano le caldaie.
Sembra un'immensa
rotativa la grande stiratrice metallica del foglio continuo di cellulosa.
Rinverginarsi
d'assoluto niveo nell'ipoclorito.
Essiccarsi
nell'aria calda.
Salone della
depurazione e dei lenti addensamenti.
Andare galleggiando.
Divorare continuo
di canneti della nascente città di Torre Viscosa o dea Geometria.
Bisolfito di
calcio.
Piscine d'operai
bambini d'operai campi di calcio e bocce..."
Il poema del vestito di latte
Realizzato nel 1937 per pubblicizzare il prodotto
"Lanar" della industria chimica SNIA Viscosa, un prodotto autarchico
realizzato con la caseina del latte.
L'opera attesta l'abilità futurista nell'arte pubblicitaria e nella
propaganda, e al tempo stesso propone un connubio insolito tra poesia, moda e
tecnologia.
Alcune citazioni del testo di Marinetti, in cui l'ilare
proposopea del latte che si trasforma in fibra tessile si traduce infine in
un'apostrofe ricca di parole composte, paradigma suggestivo dell'immaginazione
senza fili futurista:
«E voi forze liquide comprendo la vostra
ansia non immalinconitevi otterrete certo il prodigio ecco allineati i filtri
di bambagia di cotone e tu latte magro coàgulati e per questo caccia via a
destra e a sinistra questi eserciti di calorie pensa bevi la grande idea
essenziale dare al nastro di caseina una consistenza tale che si possa tagliare
umido / [...] Tutti a ridere di gioia partecipando all'ebrezza di un filo di
caseina barcolla per la sganasciante ilarità nel mutarsi in nastro poi strilla
sono un latte che ritorna beatamente alla sua pura mammella bobina bobina mia
mia mia / T'impongo o sacro latte di stringere le maglie d'una viscosità
re-si-sten-te».
«Servilità belante e odorosa dei grani che
maturati sognano le grazie tue o Latte / Arrenditi non rimandare lo spasimo
t'invochiamo sei il bellissimo nastro dei nastri resistente veloce panorama
tattile dei più celestiali pascoli alpini ti chiamerò Cielo-manuale
Muscolodelvento Strizzamipure Tessutomaterno ma tu sciorina in giro vestiti
d'inventata carnalità inguainami di serena bontà».
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