mercoledì 3 gennaio 2018

I BREVETTI DEI TESSUTI ARTIFICIALI


La seta Chardonnet
L.-M.-H. Bernigaud de Chardonnet nel 1884 prese il primo brevetto per la produzione della seta artificiale.
In esso diceva di sciogliere della pirossilina (cotone fulminante) in un miscuglio di alcool ed etere aggiungendo a questa soluzione dei cloruri metallici, con azione riducente (cloruro stannoso, ferroso, manganoso, ecc.), una piccola quantità di una base organica ossidabile (chinina, anilina, nicotina, morfina, brucina, cinconina, atropina, caffeina) e una sostanza colorante. Facendo passare tale soluzione in un tubo capillare, tuffato in un liquido opportuno (egli indicava a titolo d'esempio l'acqua), solidificava questo getto sottilissimo sotto forma di filo. 
Il processo aveva un gravissimo difetto: i filamenti erano infiammabili ed esplosivi. 
Lo Chardonnet, per ridurne l'infiammabilità sottopose il filato a un processo di denitrificazione trasformando la nitrocellulosa nuovamente in cellulosa. 



Il reagente di Schweizer 
Si tratta di una miscela di ossido di rame e di ammoniaca che prende il nome dal suo scopritore, il chimico Schweizer nel 1857. Questo liquido aveva la funzione di rendere più filabile la cellulosa. 

Il processo al cuprammonio 
Nel 1890, il chimico francese L.-H. Despeissis creò il processo al cuprammonio. Il Despeissis faceva passare dei fili di cotone attraverso il liquido di Schweitzer (un solvente cuproammoniacale) che ne trasformava e solubilizzava gli strati esterni; questi strati poi venivano coagulati e nuovamente trasformati in cellulosa per mezzo di un bagno acido, diventando lucidi come la seta. Dopo la morte del Despeissis il brevetto cadde in dominio pubblico. Il processo fu ripreso con fortuna da M. Frémery e J. Urban della Rheinische Gluhlampen Fabrik Dr. Max Frémery e C. di Oberbruch, i quali trovarono che era necessario operare a bassa temperatura per avere una soluzione stabile di cellulosa nel liquido cuproammoniacale e brevettarono questo e altri perfezionamenti nel 1897 a nome di Hermann Pauly

Il processo alla viscosa 
Il processo alla viscosa nacque dagli studi compiuti dal 1882 in poi da Ch. Fr. Cross, E. I. Bevan e Cl. Beadle sull’alcalicellulosa e la mercerizzazione. Essi scoprirono che l’alcalicellulosa, trattata con solfuro di carbonio, si trasformava in xantogenato di cellulosa, che si scioglieva nell'acqua formando una soluzione molto vischiosa dalla quale si poteva rigenerare la cellulosa. In questo modo venivano poste le basi per la produzione di una fibra cellulosica artificiale, che ha costituito per decenni il processo più importante nella produzione di fibre chimiche. La scoperta della viscosa risale al 1891; i primi brevetti sono degli anni 1892-96. 

Il processo all'acetato
Il processo all'acetato, che è stato l'ultimo a divenire industriale, ebbe come punto di partenza i lavori di Schutzenberger e del Naudin, i quali ottennero un acetato di cellulosa scaldando della carta da filtro con acido acetico in un tubo ermeticamente chiuso, a temperatura inferiore a  200°. La fabbricazione industriale dell'acetato di cellulosa divenne possibile quando, nel 1879, il Francimont introdusse l'uso dell'acido solforico come catalizzatore. Cross e Bevan, fra il 1890 e il 1894, fecero i primi tentativi di utilizzazione industriale. Nel 1894 essi  brevettarono un tetracetato di cellulosa solubile nel cloroformio, che avrebbe potuto, secondo gli inventori, sostituire il collodio nella maggior parte delle sue applicazioni.

Le fibre sintetiche
Fu grazie agli studi in campo di macromolecole del ricercatore tedesco Staudinger, condotti negli anni 20 del Novecento, che si comprese che i polimeri naturali sono formati da macromolecole lineari, cioè da lunghe catene filiformi, riproducibili mediante reazione di appropriate molecole.
Anche se la data di nascita delle fibre sintetiche si fa risalire alla produzione di una fibra a base clorovinilica (PE-CE Germania, anno 1931), di fatto la prima vera fibra sintetica prodotta industrialmente e destinata ad avere un grande impatto sul mercato deve essere considerata la fibra poliammidica lanciata da DuPont con il nome commerciale Nylon nel 1938.
Il merito di tale invenzione è da ascrivere alle molte ricerche condotte da W. Carothers a partire dal 1928 il quale si era prefisso di studiare la chimica dei polimeri, con l’obiettivo di sintetizzare molecole giganti, di struttura nota, mediante metodi strettamente razionali.
Il successo venne raggiunto quando riuscì a ottenere un prodotto di condensazione (ammide polimerica - da cui poliammide) tra molecole caratterizzate rispettivamente da due gruppi reattivi amminici (esametilendiammina) e da due gruppi reattivi carbossilici (acido adipico).
Per riconoscere tale polimero da altri appartenenti alla stessa classe chimica, esso viene contrassegnato dalla sigla 6,6 che indica rispettivamente il numero di atomi di carbonio (sei per l’appunto) delle due molecole costituenti l’unità ripetitiva del polimero.
Nello stesso periodo (1939), a seguito di ricerche condotte da Schlack (1938) in Germania, viene prodotta una differente fibra poliammidica a partire da un’unica molecola di monomero base, il caprolattame; essa prende il nome di Perlon (tipo 6).
Negli stessi anni vengono inventate la fibra poliestere a partire da acido tereftalico e glicoletilenico (Whinfield e Dickson, Gran Bretagna, 1941) e la fibra acrilica (brevetti tedeschi e americani, 1942).

Uno sguardo ai brevetti oggi…
Negli anni più recenti i brevetti richiesti dalle varie aziende operanti nei settori delle fibre man made in Italia e all’estero sono per lo più relativi ai cosiddetti tessuti tecnici, cioè a quei materiali che rispondono a elevate esigenze tecnico qualitative e vengono utilizzati per realizzare prodotti con prestazioni superiori che rispondano alle necessità del settore di loro applicazione.
Per approfondimenti e statistiche su numero, aziende e oggetto dei brevetti si può consultare:

Nessun commento:

Posta un commento