sabato 30 dicembre 2017

I LUOGHI DEI TESSUTI ARTIFICIALI

Le company town 

Vere e proprie città attorno agli stabilimenti produttivi....

TORVISCOSA, LA CITTA' DELLA CELLULOSA IN FRIULI VENEZIA GIULIA
Torviscosa, cittadina in provincia di Udine, è un’affascinante company town nata in funzione della produzione di cellulosa su scala industriale e un gioiello dalle linee metafisiche della nostra archeologia industriale.
Costruita tra il 1937 e il 1942, la sua fondazione è legata a una grande azienda italiana, la SNIA Viscosa che all'epoca si dedicava soprattutto alla produzione di fibre artificiali ricavate dalla cellulosa e che trova in questa parte della pianura friulana ancora poco sfruttata un territorio ideale per un esperimento “autarchico”: la coltivazione su larga scala di canna comune da cui ricavare la materia prima per le sue produzioni e l’insediamento di un nuovo grande stabilimento industriale per la sua lavorazione.
Chi arriva a Torviscosa non ha dubbi sul ruolo industriale di questa cittadina: il grande piazzale di ingresso all’abitato, disegnato da Giuseppe De Min nel 1937, è dominato per metà dagli edifici connessi all’attività industriale e dal grande edificio di rappresentanza del CID (Centro Informazione Documentazione), costruito dalla SNIA agli inizi degli anni Sessanta come biglietto da visita della città industriale e luogo di ricevimento delle delegazioni straniere. Accanto al CID si innalza la torre panoramica, alla cui sommità si apre un vano quadrangolare con funzione di belvedere, un tempo salottino per gli alti dirigenti della SNIA che qui accoglievano gli ospiti per offrire loro un punto privilegiato d’osservazione sulla città e l’intero territorio circostante. L’altra metà della piazza, a ovest, è invece una spazio sociale, con il teatro e l’edificio del dopolavoro ristoro. Il piazzale, oggi dedicato a Franco Marinotti, fondatore della città e all’epoca amministratore delegato e poi presidente della SNIA, si chiamava in origine “piazza dell’Autarchia”, per sottolineare che l’intero insediamento industriale e urbanistico era stato pensato in funzione del modello economico del regime.
Accanto allo stabilimento, architetti e ingegneri disegnarono e fecero costruire la nuova città, immaginata per espandersi e ospitare fino a 20.000 persone e organizzata per aree funzionali. La struttura originaria non ha subito modifiche sostanziali e ancora oggi sono quindi riconoscibili il villaggio operaio, le case per i tecnici, le ville dei dirigenti, gli spazi del lavoro e quelli per il tempo libero e lo sport. Il fulcro della vita pubblica era rappresentato dalla piazza “Impero” (oggi piazza del Popolo).
Accanto al portale d’ingresso, costituito da colonne rivestite in mattoni, ci sono due statue monumentali di Leone Lodi realizzate nel 1938 e dedicate all'agricoltura e all'industria, a sottolineare la duplice natura del progetto imprenditoriale di Torviscosa. 
Immediatamente dietro alla portineria, la palazzina degli uffici è composta da una parte centrale di tre piani e due ali laterali simmetriche che discendono a due e un piano. In corrispondenza dell’edificio degli uffici inizia un viale lungo circa 1 km sul quale si affacciano i vari edifici che componevano l’impianto per la produzione di cellulosa. A metà circa del complesso è posto il Laboratorio Ricerche e Controlli, facilmente riconoscibile dall’iscrizione. Sull’altro lato del viale sorge invece l’edificio destinato alla produzione di vapore ed energia elettrica, collegato alla struttura che conteneva l’impianto cellulosa per mezzo di un ponteggio.
Poco oltre si stagliano le due torri Jensen destinate alla produzione di bisolfito di calcio. La prima, quella più a nord, fu realizzata nel 1938 mentre la seconda fu costruita nel 1940 durante i lavori del raddoppio dello stabilimento. Sono alte 54 metri, hanno una pianta circolare e poggiano su un unico basamento rettangolare. Le due torri sono collegate alla sommità da un percorso orizzontale che costituiva il passaggio per gli operai addetti al reparto.


L’INSEDIAMENTO A RIETI DELLA SUPERTESSILE
All’inizio degli anni Venti, il sindaco di Rieti, Mario Marcucci, s’interessò direttamente presso il barone Fassini, amministratore delegato della Sociètà Viscosa, per caldeggiare l’apertura di un nuovo stabilimento per la produzione delle fibre tessili artificiali nella città.
Per progettarlo viene chiamato da Roma l’ingegner Arturo Hoerner. Il progetto di Hoerner mostra uno schema planimetrico che all'elevato standard edilizi aggiunge una elevata qualità architettonica e costruttiva soprattutto nell'interpretazione del sistema città-fabbrica.
Lo stabilimento è impostato su un lungo viale principale ai lati del quale sorgono i diversi padiglioni. Entrando dal cancello di viale Maraini, superati nell’ordine i primi edifici di portineria ed uffici, le caratteristiche pensiline per i mezzi e le biciclette ed i primi padiglioni, si giunge al cuore del complesso costituito da due alti fabbricati in cemento armato e muratura, uniti tra loro e allineati sul lato nord, che erano destinati ai laboratori della chimica. Il secondo edificio dei laboratori, il più grande, era unito tramite un ponte, un camminamento coperto a 12 metri dal suolo, al fabbricato più rappresentativo dell’intero complesso, il palazzo per gli uffici e la direzione, alto quattro piani e sormontato da un gigantesco serbatoio idrico.
A nord di questa linea di edifici corre il fabbricato dei filatoi, già di asparatura e candeggio, lungo quasi mezzo chilometro. Mentre si erigeva la fabbrica si procedeva anche alla realizzazione dei primi alloggi e delle palazzine per i dirigenti, a cui sarebbe seguito di lì a poco il progetto, sempre di Hoerner, per il quartiere operaio in località Madonna del cuore, dotato di mense, dopolavoro, bagni, un dormitorio con 2000 letti, case operai per 7500 vani e villette per la dirigenza. 
Lo stabilimento, che si estendeva per oltre 30 ettari, fu costruito di fronte allo zuccherificio e poté beneficiare del raccordo ferroviario che era già stato costruito per collegare lo zuccherificio allo scalo merci della stazione di Rieti (dove le merci si immettevano sulla ferrovia Terni-Sulmona).
Lo stabilimento entra in funzione definitivamente nel 1928 e nel 1929 vi erano già impiegate 2.375 persone tra personale direttivo amministrativo, tecnico e operai. Un gran contingente di forza lavoro sarà fornito dai flussi di immigrazione interna al paese, in quanto la richiesta di mano d’opera era ben superiore a quella che Rieti stessa avrebbe potuto fornire.
La sua apertura nel 1928 segnò il definitivo passaggio della città ad un'economia di tipo industriale, rendendola uno dei maggiori centri manifatturieri del Lazio; fu tra le più importanti aziende della Sabina fino a quando, negli anni sessanta, le principali attività economiche si spostarono nel terziario. La produzione andò avanti fino al 1979 e, dopo una parziale riattivazione, lo stabilimento fu chiuso definitivamente nel 2006.



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